L’icona propone in immagine il tema che Papa Francesco ha scelto per il decimo incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Roma dal 22 al 26 giugno 2022: “L’amore familiare: vocazione e via di santità”. L’opera é stata realizzata nel rispetto della tecnica e dei canoni dell’antica tradizione iconografica bizantina, su supporto in legno massello di tiglio (cm 180 x 180 x 4,5 ).
Fondamento dell’icona è non solo la Sacra Scrittura, ma anche diversi passi di Amoris Laetitia (AL), esortazione apostolica dello stesso pontefice sulla spiritualità coniugale e familiare.
Perle di ‘sapienza familiare’ nella tecnica di esecuzione dell’icona
La tecnica racchiude una sapienza che parla già dell’amore familiare, a partire dalla cura con cui vengono scelti i materiali: nulla è lasciato al caso. Così in famiglia siamo chiamati a vivere e dire l’amore con i piccoli gesti quotidiani: nulla va trascurato, dato per scontato o vissuto per abitudine. È il respiro dell’amore, del fare tutto “…come servi di Cristo, facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri, come chi serve il Signore e non gli uomini” (Ef 6,7)
Il supporto ligneo è costituito di assi di tiglio, assemblate con incastro a code di rondine, e di due traverse di legno più duro per impedire l’imbarcamento della tavola alle variazioni termoigrometriche.
Tra i materiali il legno è quello più ricco di significati simbolici. Di legno è il massimo simbolo della cristianità: la croce. Ogni famiglia vale un prezzo molto alto, infinito : Cristo crocifisso, modello e misura di ogni amore familiare.
La parte centrale della tavola, destinata a ricevere la pittura, è scavata di qualche millimetro. È la culla che conserva l’icona come scrigno prezioso. Alcuni particolari pittorici , come drappi, i piedi di Cristo, i sandali, particolari della Trinità sbordano sulla cornice a ricordare che l’icona é una finestra aperta sull’invisibile. É Dio a fare il primo passo verso l’uomo.
I colori forti e decisi sono subordinati all’oro, il colore dei colori in quanto simbolo della presenza divina. Schiarimenti, ombreggiature e velature si susseguono secondo un processo di progressiva illuminazione dell’icona. Richiama il venire ‘alla luce’ nell’amore nonostante e attraverso le difficoltà , le sofferenze, i vuoti esistenziali e materiali. Crescere come famiglia non é questione di perfezionismo, ma di tensione nell’amore.
L’ icona è suddivisa in tre parti in modo che il tema “L’amore familiare: vocazione e via di santità” possa leggersi, come pagina di un libro, da sinistra a destra.
1- L’amore familiare
La famiglia è raffigurata nei suoi membri principali: in primo piano “… la coppia del padre della madre con tutta la loro storia d’amore“ (AL 9) ed il frutto del loro amore, i figli. Alle loro spalle la coppia di nonni. “La famiglia non è un mero modello sociale, ma un interpellante mosaico formato da tante realtà diverse, piene di gioia, drammi e sogni“ (AL 57).
Li lega un unico filo rosso tra le mani: stanno tessendo relazioni mentre contemplano quel ‘Mistero grande’ raffigurato nel riquadro centrale che sono chiamati a vivere e testimoniare.
“ La madre, che protegge il bambino con la sua tenerezza e la sua compassione, lo aiuta a far emergere la fiducia, a sperimentare che il mondo è un luogo buono che lo accoglie… La figura paterna aiuta a percepire i limiti della realtà e si caratterizza maggiormente per l’orientamento, per l’uscita verso il mondo più ampio e ricco di sfide… un padre con una chiara e felice identità maschile, che a sua volta unisca nel suo tratto verso la moglie l’affetto e l’accoglienza, è tanto necessario quanto le cure materne“ (AL 175)
“Gli anziani aiutano a percepire la continuità delle generazioni… con le loro parole, le loro carezze o la loro sola presenza aiutano i bambini a riconoscere che la storia non inizia con loro, che sono eredi di un lungo cammino e che bisogna rispettare il retroterra che ci precede“ (AL 192).
La famiglia è una eredità di amore che si tramanda di generazione in generazione grazie alla fecondità di coppia del darsi vita reciprocamente, e la chiamata alla paternità e maternità del dare, custodire, difendere, curare e far crescere la vita non solo dei figli biologici, ma anche di quanti si incontrano lungo la ‘via’. É la chiamata ad una paternità più alta, quella di Dio verso il quale siamo tutti in cammino compiendoci sempre più come suoi figli. Questo spiega il gesto del padre che indica, alla figlia che lo guarda, Dio Padre nel mistero trinitario.
É la chiamata ad essere uomini e donne eucaristici, che si spezzano l’uno per l’altro in una fecondità che ha la sua sorgente nella croce di Cristo, talamo nuziale dal quale ogni fecondità ha origine e nutrimento.
Così i due cuscini rossi sono decorati con un motivo a croce. Il talamo degli sposi é così il luogo affettivo dove ‘abita’ stabilmente il ‘noi’ di coppia nella sua espressione più alta, luogo rivelativo dell’amore di Dio dell’Incarnazione e dell’Eucarestia: “…li amò fino alla fine” (Gv 13,1), corpo donato per amore.
“Vivere l’amore familiare é un “compito artigianale” (AL 16). Per questo il gruppo familiare è monocromo (come anche la giovane coppia sulla destra) con il colore caldo dell’ argilla: è quel prodigio nelle mani del vasaio, Dio, in un divenire e crescere nell’amore.“ È il cammino di costruirsi giorno per giorno” (AL 164)
Il gioco di sguardi tra i personaggi sottolinea l’esperienza estetica dell’amore. “Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di persone che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo“ (A L 29) raffigurati nella parte alta centrale dell’icona.
Il piede destro della madre si allunga in una sorta di continuità con le sei giare delle nozze riempite d’acqua fino all’orlo. Sono quel possibile che Cristo ci invita a compiere perché Lui possa operare il miracolo dell’impossibile. Si potrà allora gustare la pienezza della festa e della gioia delle relazioni familiari proprio là dove il rito quotidiano dei piccoli gesti di amore, di cura e di servizio é lasciato andare alla deriva. Lo straordinario si prepara nell’ordinario.
“La famiglia ha il diritto a un’abitazione decente, adatta per la vita della famiglia e proporzionata al numero dei membri, in un ambiente che provveda i servizi di base per la vita della famiglia e della comunità. Una famiglia e una casa sono due cose che si richiamano a vicenda.“ (AL 44). Per questo alle spalle del gruppo familiare vi é una casa.
2- Vocazione
“Il matrimonio è una vocazione, in quanto è una risposta alla specifica chiamata a vivere l’amore coniugale come segno imperfetto dell’amore tra Cristo e la Chiesa. Pertanto, la decisione di sposarsi e di formare una famiglia deve essere frutto di un discernimento vocazionale“ (AL 72)
“Il matrimonio è un dono del Signore….” (AL 61): bisogna averne cura.
Questa parte centrale dell’icona, a differenza delle due che le stanno accanto, ha personaggi ben definiti dal punto di vista cromatico, a sottolineare che la Parola che annuncia (Gv 15,1-17) é punto fermo, pietra miliare di ogni vocazione e missione. Se come famiglia rimaniamo nell’amore di Cristo e Lui in noi, porteremo frutti di santità.
Cristo
“… solo fissando lo sguardo su Cristo si conosce fino in fondo la verità sui rapporti umani“ (AL 77)
“… da Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per testimoniare l’amore di Dio e vivere la vita di comunione“ (AL 63)
La carità delle relazioni familiari è quindi una persona, ha un volto, quello di Cristo , centro dell’icona.
L’ esperienza estetica dell’amore «…è la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo» (papa Francesco alla Chiesa italiana, Firenze 2015).
“Gesù …non solo ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro forma originale, ma anche elevato il matrimonio a segno sacramentale del suo amore per la Chiesa… Da Cristo, attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia dello Spirito Santo, per testimoniare il Vangelo dell’amore di Dio“ (AL71).
Fissare lo sguardo su Cristo é essere sguardo di benedizione in famiglia. “Cristo ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare le esigenze del regno di Dio. Allo stesso modo, il Signore ci accompagna oggi nel nostro impegno per vivere e trasmettere il Vangelo della famiglia“ (AL 60).
“Il matrimonio naturale si comprende pienamente alla luce del suo compimento sacramentale: solo fissando lo sguardo su Cristo si conosce fino in fondo la verità sui rapporti umani“ (AL77).
Dal giorno del sacramento delle nozze Cristo, abitando la relazione di coppia e di famiglia, ci dona l’uno all’altro nell’amore. É il comandamento nuovo dell’amore, eucaristico e pasquale, a cui alludono il calice cruciforme ed il pane sulla mensa delle nozze. Cristo é la via che ci conduce al Padre, relazione d’ Amore trinitaria, origine e meta della famiglia.
La Trinità
“La Scrittura e la Tradizione ci aprono l’accesso a una conoscenza della Trinità che si rivela con tratti familiari. La famiglia è immagine di Dio, che… è comunione di persone“. (AL 71)
Dio-Trinità (raffigurato nella mandorla in alto col colore monocromo della nuzialità) è l’origine e l’identità di ogni famiglia: “…è comunione d’amore, e la famiglia è il suo riflesso vivente” (AL 11). Per questo c’è specularità col banchetto delle nozze.
“ Ci illuminano le parole di San Giovanni Paolo II: il nostro Dio, nel suo mistero più intimo, non é solitudine, bensì una famiglia, dato che ha in sé paternità, filiazione e l’essenza della famiglia che è l’amore. Questo amore, nella famiglia divina, è lo Spirito Santo. La famiglia non è dunque qualcosa di estraneo alla stessa essenza divina. Questo aspetto trinitario della coppia ha una nuova rappresentazione nella teologia paolina quando l’Apostolo la mette in relazione con il “mistero“ dell’unione tra Cristo e la Chiesa (Ef 5,21-33)“ (AL 11).
La mensa attorno alla quale é raffigurata la Trinità richiama la mensa eucaristica. É la mensa domenicale in cui lo Sposo si dona per essere un tutt’uno con noi, con l’Eucaristia e la sua Parola. Il banchetto delle nozze invece richiama la mensa della chiesa domestica, luogo dove in famiglia si spezza il ‘pane di fatica’ del lavoro fuori casa, quindi del servizio, della condivisione, dell’accoglienza, della gioia e della sofferenza.
La coppia di sposi
“Il matrimonio cristiano è un segno che non solo indica quanto Cristo ha amato la sua Chiesa nell’alleanza sigillata sulla croce, ma rende presente tale amore nella comunione degli sposi“ (AL 73)
“Il mio amato è mio e io sono sua….” (Ct 2,16): “da questo incontro che guarisce la solitudine sorgono la generazione e la famiglia” ( AL 13).
Con Adamo ed Eva entra in scena la famiglia, progetto di Dio-Trinità. Ogni famiglia nasce da una coppia, l’uomo e la donna, creati da Dio a sua immagine e somiglianza nella logica trinitaria della relazione. Come lo Spirito Santo è la relazione d’amore tra il Padre e il Figlio, così il ‘noi’ di coppia è la relazione d’amore tra l’uomo e la donna. Nel giorno delle nozze lo Spirito Santo Amore scende nel ‘noi’ di coppia per renderlo ‘divinamente’ fecondo, capace di ‘dire’ l’amore di Dio. É per questo che dalla mandorla con la Trinità, lo Spirito si distacca per scendere sulle mani unite degli sposi, simbolo della loro relazione d’amore, unità nella distinzione del loro essere maschio e femmina.
Per scoprire e non dimenticare la propria originaria identità, bellezza, grandezza, la famiglia deve guardare alla Trinità. Per questo é simbolicamente presente accanto al banchetto nuziale.
Il banchetto delle nozze
É la metafora della bellezza delle relazioni affettive, familiari e sociali e della festa che ne deriva. L’uomo e la donna sono con-vocati ad una dinamica di relazioni d’amore per donarsi, aprirsi a relazioni materne, paterne, filiali, amicali benedette, feconde, traboccanti di gioia.
La brocca rovesciata senza vino
É la realtà dell’amore sbiadito di tanti matrimoni e di tante relazioni familiari quando si perde il sapore del senso. È finito il vino dell’Amore!
Il vino nuovo
E’ Cristo il vero Maestro di tavola, il vino della Nuova Alleanza presenza viva nelle specie eucaristiche. Col sacramento del matrimonio la coppia sposa Gesù che, abitando la relazione, dona il vino nuovo dell’amore, il Suo amore.
Maria
Dove c’è il Figlio, c’è la Madre. Lei donna, figlia, sposa, madre, conosce molto bene la realtà familiare. Ci insegna come avere ‘occhi di amore’ per ‘vedere’ le situazioni miserevoli , le assenze di gioia, di amore, di senso di vita, di festa nelle nostre relazioni familiari.
È lì per darci la chiave di soluzione: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”(Gv 2,5). E’ l’obbedienza a Cristo che fa cambiare l’acqua in vino, l’obbedienza alla sua Parola che fa ritrovare ciò che si è perduto, tornando a dissetarci alla sorgente dell’ amore. É fare la nostra parte, a volte così semplice da spiazzarci: riempire fino all’orlo le giare di acqua. È l’acqua di una parola, di un sorriso, di una carezza, di un bacio, di un gesto di tenerezza, di una presenza,… sono i piccoli gesti di amore quotidiano, occasioni preziose per ‘dire’ e dare l’amore di Gesù. È una palestra di fedeltà all’amore che ci prepara per quando, le inevitabili difficoltà della vita, metteranno alla prova le fondamenta delle nostre relazioni.
Dio ci tiene alla nostra gioia: ‘perde’ suo Figlio affinché abbiamo una festa da celebrare, perché la nostra festa torni bella, perché i matrimoni si ricostruiscano, perché si ritorni a tessere con gioia l’amore familiare.
La famiglia è una scuola di fraternità. Ci insegna a fare la famiglia grande dei figli di Dio, che si celebra attorno al banchetto eucaristico domenicale.
3- Via di santità
“Ogni matrimonio è una ‘storia di salvezza’ e questo suppone che si parta da una fragilità che, grazie al dono di Dio e a una risposta creativa e generosa, via via lascia spazio a una realtà sempre più solida e preziosa“ (AL 221).
“Il sacramento del matrimonio… è un dono per la santificazione e la salvezza degli sposi, perché la loro reciproca appartenenza è la rappresentazione reale, per il tramite del segno sacramentale, del rapporto stesso di Cristo con la Chiesa” (AL 72)
Protagonista di questa terza parte dell’icona é una giovane coppia di sposi raffigurati mentre danzano tenendosi per mano e guardandosi negli occhi: “La gioia di tale amore contemplativo va coltivata… Tale gioia è quella di chi ama e si compiace del bene dell’amato, che si riversa nell’altro e diventa fecondo in lui“ (Al 129)
“Il “sì“ che si sono scambiati è l’inizio di un itinerario“ (AL 218).
“La danza proiettata in avanti con quell’amore giovane, la danza con quegli occhi meravigliati pieni di speranza non deve fermarsi. Nel fidanzamento e nei primi anni di matrimonio la speranza è quella che ha in sé la forza di lievito, quella che fa guardare oltre le contraddizioni, i conflitti, le contingenze, quella che fa sempre vedere oltre. É quella che mette in moto ogni aspettativa per mantenersi in un cammino di crescita“ (AL 219).
“Una comunione familiare vissuta bene è un vero cammino di santificazione nella vita ordinaria e di crescita mistica, un mezzo per l’unione intima con Dio.“ (AL 316)
“I coniugi danno forma con vari gesti quotidiani a questo spazio teologale in cui si può sperimentare la presenza mistica del Signore risorto“ (AL 317)
È questa presenza che fa vivere la coppia e la famiglia in uscita: così il giovane innamorato indica alla sua amata una realtà che è al di fuori della casa, al di fuori della cornice dell’icona.
Anche questa coppia, come quella del gruppo familiare di sinistra, é di color ocra, a ricordare ancora una volta che “l’amore è artigianale” (AL 221).
“Anche nei momenti difficili l’altro torna a sorprendere e si aprono nuove porte per ritrovarsi, come se fosse la prima volta; e in ogni nuova tappa ritornano a plasmarsi l’un l’altro. L’amore fa sì che uno aspetti l’altro ed esercita la pazienza propria dell’artigiano che è stata ereditata da Dio“. (AL 221).
Grazie alla capacità di generare della coppia, la storia della salvezza, questa via di santificazione, passa da famiglia a famiglia, secondo un cammino dinamico di crescita, fatto anche di sofferenze e di sangue. Ma si può sempre ripartire nell’amore.
In famiglia siamo chiamati a fare memoria del passaggio di Dio nella nostra storia per celebrare insieme una liturgia di festa e gratitudine al Dio dei nostri padri proprio là dove tutto sembrava essere perduto, senza senso.
L’essere in cammino della famiglia (simboleggiato dai sandali accanto al catino dell’acqua in basso) è la risposta alla chiamata di Dio che, in forza dello Spirito, orienta il nostro amore a un bene sempre più grande. Ovunque passa, l’amore dá vita, le relazioni rifioriscono (v. alberelli in fiore), perché con noi passa anche Lui. É così che, mettendo in relazione la propria vocazione con la volontà di Dio, l’amore familiare diventa via di santità.
Dio ci chiama alla santità come ‘famiglia di famiglie’, attraverso una dinamica di relazioni interpersonali e familiari, ognuno nella propria unicità ed originalità.
Bisogna avere cura e custodire le relazioni familiari, perché quando si rompono si blocca anche la via di santificazione.
Le tenebre della famiglia
Nell’icona sono rappresentate dagli antri neri delle finestre e della porta della casa. È la realtà di peccato, di dolore, di male e di violenza che lacera la famiglia quando si rompe l’alleanza con Dio, sorgente dell’amore, nel tentativo di confidare solo in se stessi. É l’assenza di vino.
Per ‘fare’ famiglia Gesù ci insegna che la via di santità passa per la porta stretta delle quotidiane e personali morti e resurrezioni. É la sapienza della croce (presente nell’aureola di Cristo) che da segno di morte diventa segno di benedizione e di forza per la buona battaglia quotidiana contro le insidie del principe delle tenebre. Satana, il divisore, é sempre pronto ad attaccare e rubare la vocazione e la missione, a rompere le relazioni facendoci rinunciare ad essere sposi, padri, madri, figli.
Il lumino acceso
É il simbolo della Parola: “Lampada per i miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105)
É il ‘navigatore’ per la missione lungo la via di santità. Richiama anche la lampada delle vergini sagge che, pronte, vanno incontro allo sposo. È l’invito a portare la luce di Cristo nelle tenebre delle nostre miserie familiari, a camminare incontro allo Sposo con la consapevolezza che “…la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1,5)
Il catino dell’acqua e l’asciugamano
In famiglia Cristo ci invita a lavarci i piedi gli uni gli altri sul suo esempio, “ facendo di cuore la volontà di Dio, prestando servizio volentieri come chi serve il Signore e non gli uomini” (Ef 6, 6-7)
É un gesto che parla di umiltà, perdono, appartenenza e sottomissione reciproca nell’amore. É la chiamata ad essere servitori dell’Amore nell’amore, a ‘svuotarci’, in forza dello Spirito, per accoglierci reciprocamente.
L’ulivo
É il simbolo della pace e dell’ armonia vissute in famiglia in forza di quella grazia di misericordia e di amore che i vari membri “sperimentano nella riconciliazione sacramentale e nell’ eucarestia, che permette loro di sostenere le sfide del matrimonio e della famiglia.“ (AL 38)
“La comunione familiare può essere conservata e perfezionata solo con un grande spirito di sacrificio. Esige, infatti, una pronta e generosa disponibilità di tutti e di ciascuno alla comprensione, alla tolleranza, al perdono, alla riconciliazione“ (AL 106).
“L’amore convive con l’imperfezione, la scusa, e sa stare in silenzio davanti ai limiti della persona amata“. (AL 113).
“Ogni crisi è come un nuovo sì che rende possibile che l’amore rinasca rafforzato, trasfigurato, maturato, illuminato“ (AL 238).
“Tutta la vita della famiglia è un “pascolo“ misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella vita dell’altro“ (AL 322).
La porta aperta
É il simbolo della famiglia accogliente ed ‘in uscita’.
Il drappo bianco
Un drappo bianco unifica le tre parti dell’icona. È il velo della sponsalità divina che tutto avvolge, custodisce e benedice, unendo Cielo e terra in un inno di lode e di festa che ha sapore della grande famiglia dei figli di Dio: “…tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28)
Amen! Alleluia!