La croce lignea, alta cm 270, è ubicata nell’abside della parrocchia romana di Sant’ Enrico.
Cristo è raffigurato come il crocifisso risorto, secondo la tipologia iconografica del Christus triumphans. É l’irruzione di Dio nella nostra storia, nelle nostre vite. É l’intercessore per eccellenza in quanto il Verbo fatto carne, dono del Padre per ciascuno di noi. Dalla piccola mandorla circolare stellata in alto fuoriesce la mano del Padre. Non c’è più separazione tra Cielo e terra: con l’incarnazione si spalanca la porta del Cielo. La mano di Dio è la destra: è la mano della misericordia, aperta perché tutto dona, accompagna, custodisce in alleanza.
Il Padre invia lo Spirito Santo che aleggia sul libro della Parola: grazie al si di Maria il Verbo si é fatto carne ed é venuto ad abitare in mezzo a noi.
Oggi, grazie al mio si, in forza dello stesso Spirito, la Parola può farsi carne in me, diventa lampada ai miei passi, nelle cose incomprensibili della mia vita, e come spada a doppio taglio mi forgia, mi plasma, mi pota…
Nello Spirito riconosco che la mia vita é una storia di salvezza dove Cristo é l’alfa e l’omega, il principio e il fine.
Solo in forza e per azione dello Spirito la comunità cristiana si trasforma nel Corpo di Cristo, la Chiesa. Cristo non si concepisce da solo: è il Capo di questo Corpo che ha concretamente voluto legare a sé nella sua gloria.
Indossa una tunica sacerdotale rossa: sull’altare della croce è vittima e sacerdote, vita donata per amore.
Il Risorto presiede ogni celebrazione liturgica attraverso il suo Corpo, la Chiesa-Sposa (simboleggiata da Maria alla sua destra) e il sacerdote suo segno, rendendo attuale, contemporaneo a noi il suo donarsi. Per questo la Madre di Dio è rivestita di un mantello bianco: è la Chiesa- Sposa che nasce dal costato di Cristo. Come Dio formò la donna dal fianco di Adamo, così per i Padri la Chiesa é nata dall’acqua (il Battesimo) e dal sangue ( l’Eucaristia) sgorgati dal suo costato.
La croce è anche il talamo delle nozze tra Dio e l’umanità, tra Cristo-Sposo e la Chiesa- Sposa che ama di un’ amore totale, fedele, fecondo e indissolubile. Il dono del vino nuovo nelle nozze di Cana si compie nel sangue versato su questo talamo nuziale. Per questo Maria, come ai servi fedeli di Cana, ci indica il Figlio, esortandoci così: ” Fate tutto quello che Lui vi dirà” (Gv 2,5). Sa che il vino nuovo di cui abbiamo bisogno é Lui. Sa che quando ci decentriamo dalla relazione con Dio in nome di una autoreferenzialità, ci ritroviamo con la giara della nostra vita vuota. Senza vino perdiamo il gusto “eucaristico“ della comunione sponsale, fraterna, il gusto di una vita piena.
E Gesù, che ci rimane fedele non per merito, ma perché ci ama incondizionatamente, ci dice di riempire la giara di acqua. L’acqua è poca cosa rispetto al vino, ma è quel possibile che ci chiede, perchè lui possa compiere l’impossibile.
Così Giovanni, sulla destra, é segno del servo fedele che obbedisce riempiendo fino all’orlo la giara. L’acqua comincia così a trasformarsi in vino. É Cristo il vino nuovo che ci dona il gusto della dignità di figli, di una relazione rinnovata con il Padre e i fratelli.
La croce di Cristo poggia su una veste nuziale bianca e oro. É quella della Chiesa -Sposa di ‘lino puro e splendente’ (Ap 19,8). É finemente decorata con motivi cruciformi a ricordarci da un lato che siamo preziosi agli occhi di Dio perché valiamo il prezzo della morte del suo unico Figlio e dall’altro che siamo chiamati sempre più a conformarci a Cristo nella specificità della propria vocazione e missione. É in fase di tessitura, come dimostra il filo dell’orlo sospeso.
Ogni liturgia è un banchetto eucaristico in cui è preparato un posto per ciascuno di noi: per questo sul bordo della veste é riportata la scritta “Ecco lo Sposo! Andategli incontro” (Mt 25,6). É l’invito a non farlo da precettati, ma da innamorati che tessono il personale, unico e originale vestito nuziale di santità, secondo una tessitura che ha la bellezza raffinata anche della comunione fraterna.
Ai piedi della croce vi è un fonte battesimale. Col Battesimo ( da cui scaturiscono gli altri sacramenti simboleggiati dalle cannelle da cui zampilla l’acqua sacramentale) ci viene restituita la veste nuziale. Dio, nella sua misericordia, “si è chinato ed è sceso per mescolare la sua clemenza alle acque e unire la natura della sua maestà ai deboli corpi degli uomini“ (Efrem, Inni sull’Epifania,8). Nell’abisso scuro delle acque battesimali è raffigurato il particolare della discesa agli inferi (l’ Anastasis). Il Risorto, il cui unico potere è l’amore crocifisso, strappa agli inferi Adamo ed Eva smarriti. Pasqua è la festa dell’incontro tra l’uomo vecchio e Cristo, il nuovo Adamo che ci riporta a una pienezza e fecondità di vita al Padre.
Il movimento delle acque battesimali richiama il prodigioso duello pasquale che ha visto trionfare la Luce sulle tenebre: Cristo è la Luce, il criterio per compiere i salti pasquali sulle nostre morti quotidiane.
Nelle espansioni laterali sono raffigurati i santi Enrico II , imperatore del Sacro Romano Impero e la sposa Cunegonda di Lussemburgo. Indossano vesti imperiali. Si adoperarono per rinnovare la vita della Chiesa e propagare il cristianesimo in Europa.